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Verso una nuova regina

Un racconto di StellaOscura

Zanzarina.

Evaporata. Fuori dalla mia pelle. Una nuvola nera. Non credevo che l’anima se ne andasse così. Il tempo di svegliarsi, sporcarsi di terra per non gridare di dolore e Puff.

Aprire gli occhi, essere vivi e anche un po’ morti.

«Esmyr».

È stato un incubo?

Tocco la ferita sulla schiena e un morso sull’altra mano intrappola un grido. Le ho perse davvero. Le mie ali sono al mio fianco, staccate dal mio corpo.

È perché Fayel è morto? O è il prezzo che ho appena pagato?

«Dov’è finito?» mi domanda mia madre afferrandomi le spalle e costringendomi a guardarla in faccia. Sostengo il suo sguardo, perché piano piano la paura di lei sta svanendo. Come tutto il resto.

«Avrà fatto la fine di suo padre» sputo la verità come un serpente. Amaro veleno, nient’altro. La colpisco dritta negli occhi. Mi guadagno uno schiaffo e l’odio impresso nella sua espressione. All’inizio pizzica, poi il calore diventa rassicurante.

«Ti sei fatta scappare anche lui» squittisce. Poi si gira, vede le mie reliquie. Sono qualcosa di morto, si stanno già putrefacendo, posso annusarne l’odore rivoltante. Sto già aspettando i vermi, voglio vederli in azione. Staccheranno brandello dopo brandello, e io mi sentirò sempre meglio. Non esisteranno più, non saranno mai esistite.

«Mi stai ascoltando?»

Mi alzo dalla polvere e lascio che la terra lenisca i tagli. Passo davanti a mia madre ed esco da quella prigione.

«Ma…»

Non mi sono mai sentita così bene. Non mi sono mai sentita così libera.

Ti sta già consumando.

***

Puoi essere chi vuoi.

Ero certa che Jeremia Deepbottom Steampton avesse tra i suoi marchingegni qualcosa di adatto.

Affondo le mani in una tasca, estraggo il piccolo tesoro custodito in un astuccio argenteo. È più leggero di quanto mi aspettassi. Penoso quando entra in funzione, anzi, dilaniante. Si intrufola sottopelle e poi la squarcia. La metamorfosi non è mai indolore, nemmeno in natura. Esci da un guscio perché ormai è troppo stretto. Per vivere. Che tenerezza gli esseri che mutano senza bisogno di artifici e per nobili scopi. La rabbia pare non sia tra questi.

Puoi essere chi vuoi.

Nel mio corpo non ci sono più io, ma un acido capace di riplasmare i miei tratti e corrodere la mia anima. Puff, una nuvola di pulviscolo nero, un altro po’ di me che se ne va.

Quando decidi tu.

Era Valxis a vivere di sogni, e a morirne. Io ero la parte razionale, dentro Lumecha e anche nel nostro amore. A che cosa è servita tutta la mia ragione? Non mi è rimasto niente, solo l’odio. Ne ho quanto volete, se dovesse servirvi. Posso aiutarvi ad abbattere anche le vostre mura.

*Click.

La bocca si apre in un’espressione innaturale, come se del vomito stesse per risalire l’esofago e passare attraverso le labbra. Mi piego sulla pancia, e fa un male tremendo. Un rantolo si mescola a un grido ed esce fuori solo un confuso Bzzz.

Le ferite sulla schiena riprendono a sanguinare, perché si aprono, mi dilaniano, e le scapole escono dalla pelle, si allungano verso l’alto e si trasformano in ali. Mi trovo a galleggiare, sospesa a poca altezza dalla polvere rossa, e il mio corpo si contrae diventando più stretto dove c’era la vita. Più piccolo, molto più piccolo, sempre più piccolo. Dall’interiora arrivano rumori che non oso identificare, e tutto di me si sporca di terra, ne assume il colore. Divento dura, cade un pezzo di calcinaccio e mi colpisce. Risuona il gong! e poi il silenzio si perde tra i detriti.

Che cosa ho fatto? Che cosa mi ha fatto?

Provo a gridare con tutta la voce che ho nel corpo il nome di Jeremia: perché mi ha imposto tanto dolore? Poi ci ripenso e invoco mia madre. Nessun nome esce dalla mia bocca, solo un monotono Bzzz.

Ti piacerà così tanto distruggere che non lascerai più un mondo intero.

***

Potresti semplicemente chiedermi di tenerti con me…

La fregatura è che non so bene che cosa fare. Devo abituarmi a volare con questo corpo, a mantenere l’equilibrio. Vacillo, pendo a sinistra e poi rotolo a zampe all’aria. Essere un calabrone fa schifo, ma quello che ero prima era peggio.

È suonata la tredicesima ora, sono riuscita a contare ogni rintocco. Con la lucidità che ancora mi rimane penso che tra non molto perderò anche la capacità di riconoscere il tempo. Potrebbe finire l’effetto mentre sono circondata da calabroni, ma è un’eventualità a cui non voglio pensare. Spero che mi dia qualche segnale, così da correre ai ripari e attivare un nuovo marchingegno prima che l’effetto di questo si esaurisca. Potrebbe uccidermi, forse? Potrebbero polverizzarmi se scoprissero la verità. Non era questo il destino che mi ero immaginata, ma non avrei mai creduto che Fayel fosse come suo padre.

Un Bzzz fa appena in tempo ad annunciare il fascio di luce chiara che mi investe nel mio nascondiglio. È volato fin qui uno di loro e quando mi vede fa uno strano giro su sé stesso. Una piccola parte di me, di cui in verità fino a poco fa ignoravo l’esistenza, mi impone di imitarlo e di seguirlo. Non credevo che quella roba facesse effetto anche al cervello, sotto sotto speravo di continuare a essere chi ero. Senz’anima, sì, ma pur sempre Esmyr.

I calabroni in processione stanno entrando dentro le mura, passando per una piccola apertura tra le pietre. Solo avvicinandomi molto riesco finalmente a percepire un suono leggerissimo che mi attira a sé: proviene da là dentro, ci sta chiamando a raccolta.

Se fossi ancora umana avrei trattenuto il fiato, invece le ali sbattono più forte e non posso resistere: profumo di zucchero, di nettare, di fiori freschi appena colti. Impossibile, mi dico, perché a Lumecha non esistono e io non dovrei conoscere questi odori. Eppure ne ho la certezza appena i miei sensi li incontrano. È l’ora del pranzo per i calabroni. È il mio pranzo.

Saresti libera, sai?

***

Moscerina.

Me lo aspettavo rosso, rivoltante, come una carcassa divorata morso dopo morso da animali famelici. Il pasto fa l’ingresso in piatti dai colori vivaci che richiamano le forme dei fiori: sono petali allungati per le pietanze vegetali; tondi, accoglienti, per i bocconcini più prelibati. Ci offrono resti di piccole dimensioni: antenne, zampe, ali. Mi chiedo se anche le mie siano finite lì. Sento la bocca muoversi contro la mia volontà, mentre con le zampe ne afferro un pezzo minuscolo. Un torace esplode in un grande croc, liberando un delizioso fluido giallo. Lo vedo gocciolare e imbrattare il mio corpo. Ha i colori di una corolla, viene da una formica. La mia parte umana freme al pensiero che sia proprio lo stesso animale che aveva mentito a Valxis parlando di una realtà diversa oltre le mura. Il giusto contrappasso finire divorata da un calabrone che di meccanico ha l’aspetto, ma non i bisogni.

Strano. Osservo i miei nuovi simili placare la loro fame. Anche se sono metallici, danno l’impressione di essere vivi.

Un brusio si leva assordante dalla parte più nascosta della sala. Emetto anche io un leggerissimo Bzzz e mi unisco al coro. E poi la vedo, trasportata su un portantino di velluto marrone, senza corona in testa e con lo sguardo fiero: è arrivata la mia nuova madre, è arrivata la regina.

Ho la bocca sporca di giallo, e di verde, e di azzurro. Di tutti i colori che scorrono dentro di me, di noi, e che non ho mai visto a Lumecha.

Suona un’altra ora e la regina inizia a parlare.

Tutti ronzano, poi inchinano il capo. Li imito senza sforzo, perché mi sento una di loro.

C’è qualcuno che risparmieresti se avessi quel potere?

***

Hai un sacco pieno di vendette da portare a termine.

Uno dei tratti che mi ha sempre stupita di Lumecha è che le sue strade siano deserte. Le percorrono pochi umani, sempre in affanno. Si aggrappano a quel che resta delle case, a volte qualcuno ha sfiorato le mura. Una delle prime lezioni che mi aveva insegnato mia madre era di non toccare, per qualsiasi ragione, la recinzione che protegge la città. Come se il solo premere la mano su quei mattoni potesse essere fatale. Sarebbero arrivati i calabroni e non si sarebbero limitati a un ammonimento. Mi avrebbero incenerita, Puff, resa polvere tra altra polvere. La morte a Lumecha è dello stesso colore della terra, perché da lei provieni e lì sei destinato a tornare.

E in effetti in giro avevo visto quasi sempre le sentinelle. Erano veloci e silenziose quando volevano.

«Bzzz» pronuncio alla sedicesima ora del mio primo giorno di camuffamento.

«Non farmi male…» mi supplica una bambina alta meno di Fayel. La stessa pelle sporca, ma nessuna sporgenza nascosta dietro la schiena. Non è una libellula, è solo un’umana.

«Non stavo facendo niente di male, lo giuro!»

L’ho vista appoggiarsi dove non doveva. L’ho vista cercare. Non si può uscire da Lumecha, dovrebbe saperlo. Anche Fayel e Valxis avrebbero dovuto saperlo.

Bzzz. Alle mie spalle arriva un mio simile. Pianta i suoi occhi scuri su di me e credo che inizi a registrare. Se non faccio niente, la piccola ribelle scapperà e io verrò scoperta.

È tenace, testarda. Terribilmente stupida. Prova a correre via, sbaglia. Se ne sono già andati in due. Se fosse restata, sarebbe stato diverso, forse. Non voglio mentire a me stessa.

«Bzzz».

Dai miei occhi dovrebbe uscire una lacrima, invece è qualcos’altro a colpirla. Un attimo prima la bambina c’era, quello dopo non c’è più. Resta solo un po’ di polvere in più sulla terra di Lumecha.

Il calabrone deve aver spento i suoi occhi da tempo, perché adesso scopro che intorno a me si è fatto buio.

Dov’è che si sente dolore? Non ricordo.

Un sacco vuoto da riempire di vite da prendere.

***

Ti senti più leggera?

Stretta, calda. Pareti tanto robuste da non crollare, ma tanto sottili da permettere di sentire ogni rumore proveniente dalle altre celle. Non credevo che le ali ronzassero anche di notte. Sarà difficile dormire in queste condizioni.

Bzzz.

BZZZ.

Il ronzio diventa frastuono: inizia dal punto più lontano da me, e cresce, cresce fino a rimbombare in un grande Bzzz. Non comprendo bene quello che sta succedendo finché non vedo la regina apparire poche celle indietro. Entra in ognuna, esce subito. Il suo corpo è più grande del mio e il suo aspetto mi ricorda qualcuno. Impossibile, sussurro con il pensiero, mentre dalla bocca evapora l’ennesimo Bzzz.

«Bzzz», dice, mentre mi sfiora passandomi di fianco e fermandosi alle mie spalle. Mi volto, la osservo cercare con le zampe uncinate in un angolo della cella.

Se ne va senza voltarsi e mi lascia sola. Anche il rumore, al suo passaggio, diventa più gentile fino a farsi sopportabile.

Non so che cosa stesse cercando, ma ho intenzione di scoprirlo. Ho un’intera notte insonne per farlo.

passare al prossimo.

***

Non vuoi la libertà.

Le ali cadono, ma non è un incubo. Una vecchia scena che si ripete, stavolta per un motivo diverso. È questo il primo effetto allo scadere del tempo. Subito dopo arriva il parto: sono a gambe spalancate e sto nascendo. Partoriente e nascitura, vengo al mondo e piango. Fatico a riprendere il giusto ritmo, a respirare con i polmoni. Ricopro di vomito la polvere e i detriti del mio nascondiglio di fortuna. Sputo linfa d’insetto e il mio sangue, quello che ho maledetto. Dal giallo al nero, ogni liquame si tinge di quelle sfumature.

Odio Jeremia per quello che mi ha fatto, ma l’ho chiesto io, lui mi ha solo accontentata. E poi indirizzare a lui questo sentimento non mi porterà fuori da Lumecha, non mi aiuterà nella mia vendetta. Sono già passati due giorni dalla prima attivazione e l’unica cosa che ho davvero scoperto è che questi calabroni sono più vivi di quanto mi aspettassi. Se non fosse per la loro incapacità di sentire dolore. E nel momento in cui lo realizzo, oltre alle convulsioni, ho bisogno di trasformarmi di nuovo. Farà male lì per lì, ma dopo starò meglio. Ho ridotto in polvere una bambina e non ho sentito niente. Non un filo di rimorso. E se fosse stato Fayel? Cerco di torturarmi, mi sforzo di provare qualcosa, ma il risultato non cambia.

Stavolta ci mette di più a funzionare. Lo stesso pulsante desiderio che mi aveva attirata mio malgrado verso Valxis dopo il primo bacio: ne avevo voluto subito un altro per assaporare meglio la sua sostanza. Era stato veleno, e io non lo sapevo.

«Bzzz», maledico, meravigliandomi della mia stessa espressione.

Pokma. Voglio vedere mia madre.

Vuoi demolire, distruggere.

***

Spesso il desiderio di libertà è solo un odio.

Cerco di muovere le ali adagio, plano alzando pulviscolo scuro intorno a me. Lei è di spalle, non se ne accorge. Sta entrando nella mia casa, la sento chiamarmi.

Non resisto all’impulso di risponderle e un Bzzz scappa fuori senza che possa trattenerlo. È sussurrato, non ha raggiunto le sue orecchie, perché la sento gridare ancora più forte il mio nome.

Arranco sulle zampe troppo sottili: rischio di soffocare, vorrei tossire ma il mio corpo non risponde. Non è più mio, non sono più io. Una forza mi capovolge e mi trovo con la testa rivolta verso il soffitto sempre più scuro di Lumecha. Siamo chiusi in trappola, siamo dentro a un vetro. Eppure, di nuovo, là fuori intravedo quella luce. Lo stesso richiamo, dopo tanto tempo. Reagisco, mio malgrado. Rotolo su me stessa dopo aver oscillato a lungo come l’acqua nel secchio quando una mano la smuove. Sono torbida, ho ucciso una bambina. E la luce mi sta chiamando. Non fuori, come credevo, ma dentro, dentro alle mura. È la regina. Ora lo sento. Sono un calabrone, adesso.

E forse anche Pokma ha sempre conosciuto la verità, perché si ferma sulla soglia, si appoggia con una mano e si piega in avanti. Alza la testa, osserva qualcosa in alto, lontano, e poi sorride. Corre, la seguo. Arriva nella sua corte, si butta in ginocchio, scava a mani nude, afferra qualcosa, qualcosa che luccica e mi acceca. È la cosa più luminosa che abbia mai visto e la stringe al petto. Registro la scena, il brusio delle mie ali in sottofondo. La donna si alza, riprende a muoversi. Si dirige nell’unica porta delle mura. I calabroni operai la spalancano, si inchinano, la accolgono. Mia madre si volta, osserva forse per l’ultima volta Lumecha.

Lei conosce più di quanto pensassi.

Un rancore eticamente più accettato.

***

Sei il male.

La luce inonda le celle. Alle nostre spalle, piccole finestre si aprono sul mondo oltre Lumecha. Il chiarore arriva fin qui ed è così forte da essere accecante. Gli occhi neri catturano più luminosità di quanto potrebbero; sento dolore.

La regina si alza dal portantino e a fatica si sposta in ognuna delle celle. Finalmente capisco che cosa è venuta a cercare. Uova. Sente che la sua fine è vicina e ha paura che la destituiscano.

Piedi scalzi su pietra. Passi. Passi che giungono in fretta: i calabroni non farebbero mai questo rumore, ma gli umani sì.

«Mia regina» sussurra Pokma.

«Bzzz».

Insieme entrano in ogni cella e cercano la futura causa della rovina. Non la trovano, non mi trovano. Osservano tra le uova, non tra di noi.

Che tenere illuse.

Non vuoi ammetterlo.

***

Io non aiuto. Io vendo.

Prima della terza attivazione capisco che la strategia migliore è diventare una guardiana: restare dentro la fortificazione, occuparmi della regina. Non mi avrebbe più legato niente a Lumecha, Jeremia era stato chiaro. Nessun patetico addio, ma solo un piano. Avvicinarmi a colei che tiene in piedi queste mura, questo alveare assurdo, e farla fuori. Potrebbe essere utile il fuoco. Potrei avvelenare il suo pasto.


Si infila sotto la pelle come un’iniezione e i brividi sono ancora più forti. Ho la sensazione di liquido bollente dove dovrebbe esserci il cervello e dalle narici lentamente cola fuori, tocca la terra, e svanisce in una nuvola nera. Penso sia la mia ragione o qualcosa di più sottile. Penso sia davvero un altro po’ di anima. Sono leggera. Posso volare senza stancarmi. Posso uccidere chi voglio.

E ricordo, a un tratto, un essere umano vicino alla regina. Una donna che avrebbe dovuto dirmi qualcosa fino a poco fa, ma non so che cosa. Non ricordo chi sia. Be’, sarà la prima a morire, o forse l’ultima. Dipende se sarà fedele oppure no alla sua padrona. Potrebbe scegliere di seguire la nuova regina in un nuovo nido, in una città lontana da Lumecha. Avrei bisogno di un’alleata. Ne ho sempre avuto un tremendo bisogno.

Con che cosa pagheresti?

6 commenti su “Verso una nuova regina”

  1. Oddio, già nutrivo un grande interesse per questo progetto, ma con lo zampino di jeremia mi ha innamorato.
    Tecnicamente molto piacevole e direi splendidamente ancora migliorabile.
    Uno studio di personaggi più accurato e una ricerca per rendere credibile il fantastico e potremmo giocarci a lungo: I calabroni, per esempio, quando sono adulti non si nutrono di fonti proteiche. Carne e i toraci delle api e altri insetti sono destinati al nutrimento delle larve che assumono meno zuccheri e più carico proteico per la crescita.
    Poi ci sono una miriade di curiosità fighissime sugli imenotteri che renderebbero molto bello giocare questo gioco!
    attenzione a “umani”, non lo sono. quando li chiami umani stai pensando da autore non da libellula. 😉
    non mollare un cm, ti prego!

    1. Stavo meditando di prendere un buon manuale di entomologia perché calabroni/api/vespe mi hanno sempre incuriosita, ma sono decisamente ignorante in biologia! Mi aveva molto colpito il fatto che non abbiano un vero e proprio sangue, ma l’emolinfa! Mi piacerebbe molto intrecciare il reale e il fantastico e lo studio potrebbe essere un buono strumento di partenza!
      Per il resto, che dire, grazie! Jeremia ha dato a Esmyr una bella spinta!

  2. Mammamia Stella Oscura, complimenti per la scrittura! Quasi ti invidio.
    Mi sembra che il racconti si leghi a quello del gioco precedente.
    L’unico “consiglio” che posso darti è cercare uno stile un pizzico più semplice. Alcuni passaggi mi hanno un po’ disorientato. Comunque sia, ti rinnovo i miei più sinceri complimenti.

    1. Ciao DBones! Sì, si lega a tutti e due i giochi precedenti, soprattutto a “15 in Cerca”. Ho cercato di riportare i pensieri di Esmyr in modo fedele, mi sembra che abbia un modo di esprimersi più complesso rispetto a Fayel!

  3. Alessandro Pilloni Ser. P

    Che tu sia dannato! Come scrivi bene! Che dire? Lo stile e l’uso sapiente di parole e ritmo coinvolge indipendentemente dalla storia che, se non sbaglio, è il seguito di un gioco precedente? Gran bella prova!

    1. Grazie Ser. P! Sì, è il seguito “diretto” di “15 in Cerca” e si lega anche al flashback di “Zero A Zero”. All’inizio pensavo che fosse Fayel il personaggio che mi parlava di più, invece si sta rivelando essere Esmyr!

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